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  IL TRAUMA VISIVO  
     
 

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Costruendo un audiovisivo, realizziamo sequenze di immagini legate tra di loro da una specifica coerenza, determinata dal racconto/messaggio che vogliamo proporre. Nel caso più elementare, il viaggio, la sequenza racconterà la successione dei luoghi visitati, i monumenti, i personaggi incontrati in un certo ambiente. Nei casi più complessi, la sequenza seguirà il percorso della nostra sceneggiatura, dello storyboard che ci siamo creati, come nel "racconto audiovisivo" dove la successione di immagini dovrà essere rigorosa, per consentire la comprensione del messaggio che si vuole proporre. Per far questo, utilizzeremo tutti gli ingredienti di cui disponiamo, le immagini, la colonna sonora, il ritmo, gli effetti e, ovviamente, la dissolvenza che, nell'audiovisivo fotografico, costituisce uno strumento scenografico importante. La dissolvenza, come sappiamo è in grado di creare la famosa "terza immagine", formata dalla fusione della foto precedente con la successiva. Nasce una nuova fotografia, spesso eterea e suggestiva, ottenuta da noi non in sede di scatto ma attraverso una elaborazione nella quale vi è la possibilità di esprimere una personale creatività.

Dopo aver partecipato ad un workshop sull'AV, tenuto dall'amico e maestro Francesco Lopergolo, ho riguardato con occhi nuovi i miei audiovisivi e ho capito di essere stato per anni inconsapevole responsabile di innumerevoli "Traumi visivi". Ho infatti finalmente osservato con attenzione le transizioni create, rendendomi conto di aver lavorato in modo superficiale e con scarsa perizia. Da quel momento ho cominciato a guardarmi intorno e mi sono consolato, vedendo che molti autori, anche di rilievo, cadono nello stesso errore, traumatizzando involontariamente il loro pubblico.

La Fig. 3 è il risultato della dissolvenza tra le prime due, con un evidente trauma visivo, facilmente evitabile ruotando (scandalo!) la seconda foto.

Si ottiene una composizione molto più armonica (4° foto). Possono infastidire le macchie giallastre determinate dai comignoli sulla manica del talamone, ma l'inserimento di una maschera dinamica (vedi notiziari precedenti) elimina anche questo inconveniente.

NB: le belle immagini, concesse da Franco Bertolani, sono state accoppiate a scopo didattico. Per visionare la brevissima sequenza nella versione definitiva [vedi].

A chi obietta che le transizioni durano un tempo talmente trascurabile da non essere notate, faccio osservare che la loro durata non dovrebbe essere costante, ma funzionale al tema trattato, al contenuto delle immagini, al ritmo, alla colonna sonora, quindi brevi o lunghe in base alle specifiche esigenze dell'impianto narrativo. Oltre a questo, il nostro cervello non sempre percepisce gli stimoli sensoriali in modo analitico. In particolare le successioni rapide vengono percepite sottoforma di sensazioni, spesso non affioranti a livello cognitivo ma ugualmente presenti, sottoforma di stimoli subliminali.

Pensiamo a quanto accade negli attimi di improvviso pericolo alla guida di un'auto. Non vi è il tempo per una elaborazione analitica ma, in frazioni di secondo, compaiono reazioni motorie di difesa perfettamente organizzate secondo una memoria procedurale che spesso ci salva la vita. La percezione subliminale è un processo ben noto nel mondo della pubblicità e dei mass media che se ne servono per inviare messaggi in grado di condizionare il pubblico.

Anche il nostro audiovisivo è ricco di stimoli sensoriali (visivi e auditivi) che vengono percepiti dallo spettatore in modo a volte conscio e a volte inconscio. La fotografia viene più facilmente percepita in modo conscio mentre la dissolvenza, considerata un elemento complementare, sembra passare inosservata ma in realtà viene percepita in modo inconsapevole, lasciando una sensazione di armonia o di disarmonia.

Ho sempre dato una notevole importanza, nella valutazione di un AV, all'impatto (percezione soggettiva e immediata, priva di specifiche motivazioni ma strettamente “epidermica”). Le dissolvenze rientrano in questa logica. Se ben realizzate, sono in grado di indurre sensazioni gradevoli, lasciando una inconsapevole  traccia positiva nello spettatore. E' noto che sequenze di immagini deboli possono essere "sostenute" da una colonna sonora di elevato livello ma, similmente, possono essere "salvate" da dissolvenze ben composte e intriganti.

Il trauma visivo è quindi determinato da una malaugurata sovrapposizione di contenuti. Tipico è il palo della luce sulla faccia del bambino ma anche due volti, uno sopra l'altro, possono infastidire, oppure gli abeti nel mare o i passaggi da orizzontale a verticale ecc.

Come risolvere? Occorre fantasia e molta, molta pazienza. Uno dei metodi più semplici, noto fino dai tempi dell'analogico, è sfruttare le parti nere dell'immagine per far emergere l'immagine successiva, come in questo breve video tratto dall'AV "Curanderos". [vedi]

Anche una leggera caduta di luce della prima immagine potrà introdurre la successiva senza alcuna sovrapposizione sgradevole. Nella sequenza di "Insorti e Risorti" [vedi] si trova una combinazione di dissolvenze che giocano sul buio e, in seguito, sulla caduta di luce.

Quando non disponiamo di parti nere, ci possono venire in aiuto le maschere dinamiche. Nella immagine della processione, la dissolvenza, lasciata a sé, determina una terza immagine  molto sgradevole. Capovolgendo la foto 058 e inserendo una maschera dinamica si elimina l'inconveniente e si ottiene un effetto decisamente gradevole.

In altri casi, se la colonna sonora lo consente, una dissolvenza molto rapida o un cut potranno risolvere il problema.

Molti utilizzano lo sfocato abbinato alla dissolvenza per evitare ancora una volta il trauma visivo. Un esempio nell'audiovisivo "Senti il cuore della tua città" [vedi] che, oltre a raffigurare una metodologia di transizione, evoca un trauma di ben altra entità che ha segnato pesantemente me e l'intera popolazione del cratere padano.

Gli audiovisivi completi sono consultabili nel mio sito www.giannirossi-fotoviaggi.com

 

 
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